Il Consenso Informato: Un Diritto Fondamentale nella Pratica Medica
Aree di Competenza Corte Costituzionale e Consenso, Danni da Mancata Informazione Medica, Diritto all’Autodeterminazione, Forma Scritta e Consenso, Giurisprudenza e Consenso Informato, Legislazione Italiana e Trattamenti Medici, Principi di Libertà Costituzionale, Responsabilità Medica, Sentenza Tribunale di Ancona, Violazione Consenso InformatoLa responsabilità medica per violazione del consenso informato si colloca al centro del dibattito giuridico, essendo una diretta espressione del diritto all’autodeterminazione del paziente.
Tale responsabilità emerge quando il consenso informato non è presente e quando si può dimostrare che il paziente, se fosse stato correttamente informato, avrebbe rifiutato il trattamento sanitario.
La sentenza n. 6 del Tribunale di Ancona, datata 3 gennaio 2024, ha permesso di approfondire il principio del consenso informato, ribadendo che senza di esso, qualsiasi intervento medico è considerato illecito, salvo in situazioni di trattamento obbligatorio o di emergenza.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 438/2008, ha chiarito che il consenso informato è una scelta consapevole e volontaria del paziente, fondamentale per il rispetto dei principi di libertà e autodeterminazione garantiti dalla Costituzione.
Il consenso informato deve essere personale, specifico, esplicito, e attuale, riflettendo la volontà del paziente al momento del trattamento. Deve inoltre essere pienamente consapevole, basandosi su informazioni dettagliate fornite dal medico. In caso di impossibilità di prova documentale, la prova del consenso può essere fornita con altri mezzi, non essendo necessaria la forma scritta ad substantiam.
L’articolo 35, II, del Codice di deontologia medica stabilisce che il consenso deve essere espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e quando le circostanze lo rendano opportuno.
Il principio generale è la libertà della forma, ma la legge impone la forma scritta in casi specifici, come:
- Trapianto del rene tra persone viventi (art. 2, L. n. 458/1967);
- Sperimentazione clinica di medicinali (art. 2, lett. l, D.Lgs. n. 211/2003);
- Procreazione medicalmente assistita (art. 6, L. n. 40/2004);
- Interruzione volontaria della gravidanza (art. 14, L. n. 194/1978);
- Rettificazione di attribuzione di sesso (art. 2, L. n. 164/1982);
- Attività trasfusionali (L. n. 107/1990);
- Prelievo per donazione del sangue (L. n. 219/2005).
La giurisprudenza riconosce che non vi è violazione del consenso informato quando l’asportazione di un nodulo è consigliata dai medici a causa di una presunta natura maligna, anche se successivi esami istologici rivelano che il tumore è benigno.
Per un adeguato consenso informato in caso di chirurgia oncologica, è essenziale che i medici descrivano l’intervento e ne motivino la necessità o l’opportunità, dato che, con le conoscenze scientifiche disponibili al momento dell’operazione, potrebbe essere impossibile determinare in anticipo se la patologia sia benigna o maligna, potendosi avere certezza solo dopo l’esame istologico del tessuto rimosso (Cass. civ. sez. III, ord. 9 maggio 2023, n. 12411).
Non esiste il concetto di “consenso informato al rinvio” di un intervento già concordato e accettato (Cass. civ. sez. VI – 3, ord., 9 dicembre 2021, n. 39084).
Per quanto riguarda la responsabilità del medico per la violazione del dovere di informazione (Trib. Firenze sez. II, 20 settembre 2021, n. 2309), non è rilevante se il trattamento sia stato eseguito correttamente.
L’eventuale incompetenza chirurgica è distinta dai danni derivanti dalla mancata osservanza del consenso informato (App. Napoli sez. IX, 19 settembre 2023, n. 3927).
Ciò che conta è che il paziente, a causa di informazioni insufficienti, non abbia potuto acconsentire al trattamento medico in modo consapevole.
La mancata informazione da parte del medico può causare due tipi di danni:
- Un danno alla salute, qualora si ritenga ragionevolmente che il paziente, se adeguatamente informato, avrebbe scelto di non sottoporsi all’intervento, evitando così le conseguenze dannose;
- Un danno al diritto all’autodeterminazione, qualora il paziente subisca un pregiudizio specifico, patrimoniale o non, che sarebbe stato altrimenti evitato, a causa del deficit informativo.
Se viene dimostrato un danno biologico a seguito della mancata acquisizione del consenso informato, per identificare la causa “immediata” e “diretta” (ex art. 1223 c.c.) di tale danno, è necessario un giudizio controfattuale sulla scelta che il paziente avrebbe fatto se fosse stato correttamente informato.
Se il paziente avesse dato il suo consenso incondizionato, qualsiasi danno sarebbe attribuibile solo alla violazione del diritto alla salute causata da un errore nella prestazione medica.
Se invece avesse rifiutato il consenso, il danno biologico derivante da un errore medico sarebbe imputabile fin dall’inizio alla violazione del dovere di informazione, contribuendo, insieme all’errore medico, alla catena causale del danno alla salute.
I danni che scaturiscono dalla violazione del diritto all’autodeterminazione, a seguito di un trattamento medico effettuato senza adeguata informazione al paziente sui potenziali rischi, e quindi senza un consenso validamente espresso, devono essere specificatamente indicati dal paziente.
Quest’ultimo ha l’obbligo di dimostrare che avrebbe rifiutato il trattamento se fosse stato correttamente informato, poiché la richiesta di risarcimento si basa sulla sua decisione personale (secondo il principio della cosiddetta “vicinanza della prova”).
Il non seguire le raccomandazioni terapeutiche del medico è un’eventualità che non rientra nella normale aspettativa (id quod plerumque accidit).
In conclusione, la responsabilità medica per il mancato consenso informato si concretizza quando il paziente non è stato messo in grado di prendere una decisione consapevole riguardo al trattamento proposto.
È fondamentale che il paziente sia informato in modo chiaro e completo sui rischi e le implicazioni dell’intervento medico.
In caso contrario, qualsiasi danno risultante da tale deficit informativo può essere oggetto di risarcimento, purché il paziente dimostri che la sua scelta sarebbe stata diversa se avesse ricevuto le informazioni necessarie.
La trasparenza e la comunicazione sono pertanto elementi chiave nella relazione medico-paziente e nella tutela del diritto all’autodeterminazione del paziente.