L’abrogazione dell’Abuso d’Ufficio e l’introduzione dell’art. 314-bis c.p.: effetti della riforma del 2024
Aree di Competenza Abrogazione art. 323 c.p., Abuso d'ufficio, Art. 314-bis c.p., Clausola di sussidiarietà, D.L. 92/2024, Direttiva UE 2017/1371, Effetti riforma abuso d'ufficio, Indebita destinazione di denaro, L. 114/2024, Modifiche codice penale 2024, Peculato per distrazione, Pubblica amministrazione, Reati contro la pubblica amministrazione, Responsabilità penale pubblici ufficiali, Riforma del 2024Questo lavoro esamina gli effetti dell’abrogazione dell’abuso d’ufficio e l’introduzione dell’art. 314-bis c.p., che sanziona l’indebita destinazione di denaro o beni mobili da parte di un pubblico agente.
La L. 114/2024 ha abolito il delitto di abuso d’ufficio, mentre il D.L. 92/2024 ha creato il nuovo art. 314-bis c.p., in parte per conformarsi agli obblighi imposti dalla Direttiva UE 2017/1371.
L’obbligo di criminalizzare certe condotte, già soddisfatto dall’art. 323 c.p., viene ora trasferito al nuovo reato, il quale tutela gli interessi finanziari europei e nazionali.
Il comma 2 dell’art. 9 del D.L. n. 92/2024 collega l’art. 314-bis c.p. al sistema dei reati contro la Pubblica Amministrazione, sostituendo l’art. 323 c.p. nell’art. 322-bis c.p..
Tuttavia, le condotte più gravi di distrazione erano già perseguibili attraverso il peculato (art. 314 c.p.), dimostrando una continuità normativa.
Abuso d’Ufficio: Critiche alla Riforma
La riforma del 2024 riduce l’area applicativa del delitto di abuso d’ufficio, limitandola alle sole violazioni di obblighi amministrativi vincolati, escludendo margini di discrezionalità del funzionario pubblico.
Questo cambiamento, criticato da alcuni giuristi, potrebbe favorire forme di abuso del potere discrezionale, rendendo inefficaci le tutele penali nei casi di favoritismi o sfruttamento dell’ufficio pubblico.
La riforma del 1990 e il peculato per distrazione
La riforma del 1990 aveva trasferito nel reato di abuso d’ufficio diverse condotte, tra cui il peculato per distrazione, per chiarire i confini tra illecito penale e amministrativo.
La distrazione di denaro da parte di un Pubblico Ufficiale è sempre stata vista come una forma di abuso d’ufficio, rappresentando una deviazione del potere pubblico dalle sue finalità istituzionali.
L’art. 314-bis c.p. riprende questa condotta, descrivendo la destinazione indebita di denaro o beni mobili a scopi diversi da quelli previsti dalla legge, simile alla condotta tipica del peculato per distrazione.
Questa norma eredita alcuni elementi dall’abrogato abuso d’ufficio, come il vincolo a norme specifiche e la mancanza di margini di discrezionalità, e si ispira anche all’art. 314 c.p. per quanto riguarda il possesso o la disponibilità dei beni da parte del Pubblico Ufficiale.
Nuovo Reato e Ambito applicativo
L’art. 314-bis c.p. mantiene così una forma di abuso d’ufficio limitata ai casi di favoritismo affaristico, in cui il Pubblico Ufficiale destina risorse pubbliche a fini personali o per avvantaggiare altri.
Tuttavia, alcuni autori sostengono che questo nuovo reato possa ridurre l’ambito applicativo dell’art. 314 c.p. e offrire un trattamento sanzionatorio più favorevole rispetto al peculato.
Dibattito sulla qualificazione della distrazione
Un primo orientamento considera la distrazione come un utilizzo improprio di beni pubblici, che rientrerebbe nell’abuso d’ufficio abrogato (art. 323 c.p.).
Tuttavia, questa interpretazione è stata criticata perché potrebbe condurre a una pena troppo indulgente rispetto alla gravità del fatto, soprattutto quando la distrazione avvantaggia personalmente il pubblico funzionario.
Un altro orientamento opposto sostiene che la distrazione, quando avviene per profitto proprio, rientra nel reato di peculato (art. 314 c.p.), poiché la distrazione può essere vista come una forma di appropriazione indebita.
Tuttavia, questo approccio è stato criticato per un uso estensivo della legge.
Infine, un terzo approccio mediano afferma che la distrazione può avere una duplice natura penale: se il bene viene sottratto per interessi privati, si configura il peculato; se invece il bene è destinato a finalità pubbliche diverse, si ricade nell’abuso d’ufficio, purché non ci sia un danno patrimoniale.
Chiarimenti della Cassazione
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito che la distrazione comporta peculato quando il bene viene sottratto a finalità pubbliche per fini privati.
Invece, se la destinazione del bene rimane pubblica, si può configurare l’abuso d’ufficio solo in casi limitati.
Il discrimine risiede nel legame tra il bene e la pubblica amministrazione: se viene completamente interrotto, si tratta di peculato; altrimenti, può trattarsi di abuso d’ufficio.
Giurisprudenza recente
La giurisprudenza recente distingue tra l’appropriazione ex art. 314 c.p., che riguarda l’uso di denaro o beni per fini strettamente personali e incompatibili con quelli istituzionali, e l’abuso d’ufficio ex art. 323 c.p., applicabile quando la destinazione indebita del bene, pur violando regole contabili, è finalizzata anche a interessi pubblici esistenti, oltre a quelli privati.
In particolare, si ravvisa l’appropriazione quando un agente sottrae il bene alla disponibilità dell’ente, interrompendo il collegamento funzionale tra il bene e l’ufficio, mentre l’abuso d’ufficio si configura solo se l’uso indebito non causa perdita o danno patrimoniale.
Introduzione dell’art. 314-bis c.p.
In questo quadro, l’introduzione dell’art. 314-bis c.p. potrebbe inglobare sia condotte che prima rientravano nel peculato (art. 314 c.p.) sia quelle incluse nell’abrogato abuso d’ufficio (art. 323 c.p.).
La norma limita la punibilità del peculato per distrazione alla violazione di rigidi vincoli di legge, escludendo quindi abusi legati a scelte discrezionali.
Obiettivi dell’art. 314-bis c.p.
L’art. 314-bis c.p. persegue due obiettivi:
- Garantire l’impunità per condotte discrezionali non vincolate da legge, eliminando il reato di abuso d’ufficio.
- Punire le distrazioni punibili, distinguendole dal peculato, in linea con il principio di stretta legalità. In tal modo, delimita l’applicabilità dell’art. 314 c.p., riservando la punibilità alle sole appropriazioni vere e proprie.
Clausola di sussidiarietà
La clausola di sussidiarietà dell’art. 314-bis c.p. prevede che le condotte di indebita destinazione di denaro o beni mobili siano punite solo “fuori dei casi previsti dall’articolo 314“.
Questo solleva il rischio che tali condotte continuino a rientrare nel peculato (art. 314 c.p.), limitando l’applicazione dell’art. 314-bis c.p. alle condotte compatibili con fini istituzionali.
Ciò crea una situazione irrazionale, poiché il peculato punisce severamente l’uso privato di beni pubblici, mentre l’art. 314-bis c.p. prevede pene più miti per distrazioni finalizzate anche a interessi pubblici.
Applicazione dell’art. 314-bis c.p.
L’art. 314-bis c.p. si applica solo quando si violano norme vincolanti, escludendo gli abusi legati a scelte discrezionali.
Tuttavia, tale disposizione potrebbe essere interpretata come fattispecie attenuata rispetto al peculato, generando incoerenze rispetto alle pene più severe previste dall’art. 314 c.p.
La giurisprudenza futura potrebbe ricondurre le condotte distrattive meno gravi al peculato, poiché l’abuso d’ufficio è stato abrogato e l’art. 314-bis c.p. non copre tutti i casi.
Proposte di modifica
Per risolvere questo problema, si propone una modifica dell’art. 314 c.p., introducendo un terzo comma che regoli il peculato per distrazione, con pene proporzionate.
Questa soluzione garantirebbe coerenza nel sistema penale e una punizione adeguata per le condotte distrattive, evitando l’eccessiva severità del peculato comune.
Inoltre, si propone di estendere la responsabilità da reato degli enti quando la condotta lede gli interessi finanziari dell’UE.
Effetti dell’abrogazione dell’abuso d’ufficio sulla responsabilità penale
L’abrogazione dell’art. 323 c.p. (abuso d’ufficio) e l’introduzione dell’art. 314-bis c.p. hanno prodotto significativi effetti sul piano penale.
L’art. 314-bis c.p. sanziona l’uso illegittimo di denaro o beni mobili da parte di un Pubblico Ufficiale per scopi diversi da quelli istituzionali, ricomprendendo comportamenti di favoritismo affaristico.
Tuttavia, non copre condotte di prevaricazione o abuso di potere, che erano tipicamente punite dall’abrogato art. 323 c.p.
Rischi di Lacune Normative
L’abrogazione dell’abuso d’ufficio lascia impuniti molti abusi del potere pubblico, come l’esercizio discrezionale di concessioni, licenze, o autorizzazioni, e situazioni di conflitto di interessi.
Inoltre, l’abolizione non impone obblighi costituzionali di incriminazione, rendendo difficile sollevare questioni di legittimità costituzionale.
Resta il rischio di un aumento di episodi di corruzione e turbativa d’asta, mentre alcuni comportamenti, prima riconducibili all’abuso d’ufficio, potrebbero non trovare più una fattispecie penale adeguata, creando lacune nella tutela giuridica.
Effetti processuali e diritto intertemporale
L’abrogazione dell’abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) e l’introduzione dell’art. 314-bis c.p. comportano importanti effetti processuali e questioni di diritto intertemporale.
Nei procedimenti penali relativi all’abuso d’ufficio in corso, le indagini preliminari potrebbero concludersi con l’archiviazione, mentre nei giudizi di merito si prevede l’assoluzione poiché il fatto non è più considerato reato.
Inoltre, ci saranno molte richieste di revoca di condanne o patteggiamenti per abuso d’ufficio, con effetti favorevoli come la cessazione delle pene detentive, delle misure cautelari e delle pene accessorie, come l’interdizione dai pubblici uffici.
Conseguenze dell’Abolitio Criminis
L’abolitio criminis comporta anche la revoca della confisca diretta o per equivalente, a meno che non sia già stata eseguita.
Tuttavia, sebbene l’abrogazione elimini l’abuso d’ufficio, certi comportamenti potrebbero rientrare in altre norme incriminatrici, come l’art. 314-bis c.p., che ricalca parte del peculato e dell’abuso d’ufficio.
Applicazione retroattiva della riforma
La riforma comporta un’applicazione retroattiva più favorevole alle condotte di distrazione, che ora rientrano nel nuovo art. 314-bis c.p. e prevedono pene più miti rispetto al peculato.
Tuttavia, permangono dubbi su come trattare condotte meno gravi che comportano discrezionalità amministrativa e non violano esplicitamente norme di legge, che ora potrebbero non essere più punibili penalmente.
Problemi di rilevanza penale
Il problema si pone quando le condotte di distrazione, in precedenza considerate peculato, non soddisfano più i requisiti dell’art. 314-bis c.p. per la loro rilevanza penale.
In questi casi, secondo il principio di retroattività favorevole sancito dall’art. 2, comma 2, c.p., le condanne per tali condotte, anche se già definitive, dovranno essere revocate.
Infatti, sarebbe discriminatorio mantenere l’efficacia delle condanne per distrazioni amministrative meno gravi mentre si puniscono solo le condotte che violano norme di legge senza margine discrezionale.
Clausola di Sussidiarietà e Peculato
La dottrina e la giurisprudenza hanno in passato riconosciuto molte condotte distrattive al peculato, e ora il rischio è che queste possano ancora essere punibili come peculato comune, nonostante l’introduzione dell’art. 314-bis c.p. che regola la “indebita destinazione” di denaro o beni mobili.
La clausola di sussidiarietà (“fuori dai casi previsti dall’art. 314“) rafforza la possibilità che il peculato venga applicato nei casi più gravi.
Esclusione della Punibilità di Condotte Distrattive
Il nuovo art. 314-bis c.p. esclude la punibilità di condotte distrattive che violano norme secondarie o regolamentari, o che derivano dall’azione discrezionale della pubblica amministrazione, come l’uso improprio di beni pubblici per scopi privati.
Di conseguenza, molte sentenze di condanna per abuso d’ufficio dovranno essere annullate per intervenuta abolitio criminis, poiché tali fatti non sono più considerati reati.
Discontinuità Normativa
Infine, poiché non vi è una continuità normativa tra l’abrogato art. 323 c.p. (abuso d’ufficio) e l’art. 314-bis c.p., i fatti rientranti nell’abuso d’ufficio non possono essere riclassificati come “indebita destinazione”.
Questo sancisce una discontinuità normativa, limitando l’applicazione dell’art. 314-bis c.p. alle sole condotte future.